GIORGIO DI SANT’ANGELO

Posted on Novembre 25, 2015

Giorgio di Sant’Angelo è conosciuto per il suo look etnico, ricco di riferimenti romantici, che rifletteva la cultura hippie dell’epoca. La sua moda, che gli valse per ben due volte il prestigioso premio della critica di moda Coty American nel 1968 e nel 1970, era ricca di vestiti colorati, fluidi, etnici.

Pur muovendo i primi passi negli anni Sessanta, rifiuta l’egemonia della Space Ace allora imperante. Quando altri stilisti in auge in quegli anni come Rudi Gernreich, André Courréges e Pierre Cardin vedono le loro carriere subire  una battuta d’arresto, Giorgio di sant’Angelo compie un salto creativo, definendo il look del nuovo decennio.giorgiost18Il suo innovativo utilizzo della maglieria, ancor più del suo stile bohemienne, lo contraddistinse, lasciando una forte impronta nella moda. Giorgio di Sant’Angelo non crea semplicemente abiti: orna il corpo e rende la fantasia indossabile. La sua leggendaria creatività sfrenata ha continuato a crescere nelle menti degli stilisti contemporanei: John Galliano, Marc Jacobs, Anna Sui lo citano tra le loro fonti d’ispirazione e influenza. I suoi abiti in tessuti stretch sono ritornati sulle passerelle di Gaultier, Romeo Gigli, Calvin Klein e Donna Karan.giorgiost4Giorgio di Sant’Angelo nasce da una famiglia nobile a Firenze, cresce nella tenuta del padre conte in Argentina, per tornare poi in Italia a completare i suoi studi. Sant’Angelo è un vero spirito creativo, gli capita di diventare uno stilista di moda quasi per caso. I primi studi sono in tutt’altra direzione, infatti, consegue la Laurea in Architettura presso l’Università di Firenze, per poi passare a studiare design industriale e ceramiche. Vince un concorso sponsorizzato dal governo francese per approfondire la creazione di ceramiche con un docente d’eccezione: Picasso. L’artista spagnolo ne riconosce lo spirito creativo e lo spinge ad aver “fiducia nella sua fervente creatività e a continuare a provare nuove iniziative artistiche”. giorgiost14L’invito non cade nel vuoto, Sant’Angelo si cimenta nella creazione di un fumetto di film d’animazione che è presentato addirittura a Walt Disney. Disney resta impressionato dall’inventiva del film e gli offre di lavorare con lui a Hollywood. Ma la scarsa conoscenza della lingua inglese e l’impatto con la megalopoli californiana lo faranno allontanare dopo solo quindici giorni. Passa così a New York che trova a lui più congeniale, qui lavora come disegnatore di tessuti e progettista d’interni. Intanto, per suo divertimento, comincia a realizzare dei gioielli con la plastica. Catherine di Montezemolo li nota e comincia a indossarli, da lì a poco colpiscono anche Diana Vreeland, mitica caporedattrice di Vogue. Diana Vreeland resta colpita dal suo talento e lo assume come stylist freelance, lasciandogli completa libertà creativa. Da questa collaborazione nascono i più bei redazionali degli anni Sessanta e forse mai realizzati nella moda.

008-giorgio-di-sant-angelo-theredlistScatti come quello di Twiggy con un fiore psichedelico disegnato intorno agli occhi o di Veruschka ritratta, avvolta da corde e pellicce, in pieno deserto da Rubartelli sono l’apice della fantasia nella moda.giorgiost1Dovremo aspettare il terzo millennio e Dior disegnato da Galliano per ritrovare altrettanta creatività sfrenata. Il lavoro di Giorgio di Sant’Angelo era teatrale, esotico e tanto spinto da poter essere considerato Arte Performativa. giorgiostDopo questa fortunata collaborazione comincia nel 1966 a creare abiti. Comincia a collaborare con aziende tessili del calibro di Crantex e pellettieri come Calderon, a sperimentare nuovi tessuti laminati con la Dupont, tra i massimi nomi del tempo.giorgiost9I suoi primi capi citano la cultura bohemienne degli zingari con una collezione stratificata, un delirio di fantasie e cromie sfrenate.giorgiost17Dopo la zingara cita le culture native americane come ispirazione. Sant’Angelo utilizza pelle, frange, piume e perle per raccontare gli indiani d’America e imporre il loro abbigliamento quale nuovo elemento nel lessico della moda etnica. giorgiost8Sant’Angelo alle rigide strutture architettoniche preferisce abiti morbidi e fluidi, fatti di tessuti tie dye avvolti intorno al corpo, di tessuti elasticizzati che lasciano completa libertà alla donna. A quel tempo gli abiti erano ancora irrigiditi nelle loro costruzioni tecniche, Sant’Angelo guarda alla strada, al movimento hippie e al nuovo spirito di libertà che s’impone nella società.giorgiost15Il suo più grande contributo alla Moda è però nell’utilizzo innovativo dei tessuti stretch, con capi confortevoli come tute e che s’impongono sul mercato per la loro originalità. È abbandonato l’utilizzo delle zip sul retro, mentre i capi sono avvolti, drappeggiati, “appesi” al corpo. giorgiost5Nel 1970 presenta body elasticizzati con fasce drappeggiate che erano indossati con o senza sovra gonne. Il body, allora detto leotard, indossato con giacche o tuniche è ancora oggi parte dell’abbigliamento contemporaneo.giorgio2Nel 1972 abbandona lo stile da zingara e l’ispirazione etnica per concentrarsi sulla progettazione di abiti “body conscious”, che accostano maglieria e tessuto. Presenta una collezione di trentatré pezzi al Guggenheim Museum, enfatizzando l’idea del Fashion Design quale forma d’arte. La collezione era composta di maglie, camicie, pantaloni e top, ripiegati in una busta così, da essere pronti al viaggio, e coordinati tra loro che ridefiniscono la silhouette della moda americana degli anni Settanta.giorgio7 Giorgio di sant’Angelo crea prevalentemente capi couture per celebreties e artisti. I suoi abiti divengono popolari tra artisti come Marina Schiano, Elsa Peretti, Lena Horne, Bianca Jagger e Faye Dunaway.  Vero talento eclettico disegna costumi da bagno, abbigliamento da uomo, borse, pellicce e maglieria. giorgiost12Quando si trasferisce nel nuovo appartamento di Park Avenue ne progetta i mobili modulari e li realizza personalmente. Uno dei suoi sogni era la creazione di un luogo, dove architetti e stilisti lavorassero insieme, condividendo i pensieri e visioni, sviluppando uno stile preciso com’era stato il Bauhaus nella Vienna dell’inizio del Novecento. Quando trasferisce lo studio dalla 57th Street in un grande loft di Lower Broadway, ha finalmente abbastanza spazio per sperimentare nella moda quanto nell’arredamento d’interni.giorgiost10Volendo espandersi verso un abbigliamento più economico e più conveniente, cede il suo nome in licenza e lancia nuove linee. La prima è la Sant’Angelo 4U2, composta di versioni più economiche dei suoi fantasiosi pezzi. Segue la linea “Marjer parti”, sempre economica ma più influenzata dai trend di mercato. In seguito elimina il “di” nel nome e lancia la licenza Giorgio Sant’Angelo. Purtroppo queste linee sono troppo commerciali e manchevoli del suo straordinario tocco di fantasia. giorgiost7Nei primi anni Ottanta riprende il suo nome per intero e rilancia la linea di fascia alta. Giorgio di Sant’Angelo riprende i suoi concetti perfezionandoli come nuovi classici. La critica accoglie positivamente il suo approccio che arriva in un momento cruciale a innovare e svecchiare con i suoi materiali, colori e modelli unici la moda del periodo, troppo irrigidita nello stile sartoriale.giorgiost13Purtroppo in suo ritorno dura pochissimo, Sant’Angelo muore nel 1989; a sua memoria, come a quella degli altri protagonisti della grande moda americana degli anni Settanta, è dedicata una targa sulla ‘7th Avenue walk of fame” della sua New York.

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