KALOS E THANATOS

Posted on Aprile 1, 2015

In arte e psicoanalisi il binomio  eros e thanatos è stato da sempre una costante; Freud ne tratta lungamente nel suo “Al di là del Principio di Piacere” del 1920, desumendo dagli scritti di Parmenide il perenne conflitto tra le pulsioni di vita e le pulsioni di morte che agita l’animo umano.  Questo principio duale ha oramai conquistato  l’ambito della moda nella sua decadente e perversamente  indulgente forma di bellezza e morte.  Come spesso accade i due estremi arrivano poi a toccarsi, a sovrapporsi e a fondersi: possiamo così parlare di bellezza della morte e di questa quale fonte di ispirazione, anche in un mondo che nell’ eterna giovinezza, nella gioia di vivere e nell’ incorruttibilità aveva invece avuto sempre i suoi fondamenti.

Alexander Mc Queen nella sua creatività visionaria, ispirata dall’immaginario gotico e punk, ha sdoganato il disagio dinanzi all’estremo momento spettacolarizzando la morte con i suoi show e le sue straordinarie creazioni. Rei Kawakubo, anima ideatrice di Commes des Garçonne è arrivata nella sua ultima, e già epica, collezione the ceremony of separation ad analizzare il differente approccio del mondo occidentale e di quello orientale, nel binomio assoluto di bianco e nero, al momento del distacco dalla vita. Recentemente il Metropolitan Museum of New York ha dedicato la mostra Death becomes heralla moda da funerale, mostrando, attraverso straordinari abiti tra cui quelli della Regina Vittoria e Alexandra, quale impatto abbia avuto l’Alta Moda nei dettami degli abiti da lutto e nei rituali funebri e come si siano evoluti nel corso dell’ultimo secolo.

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John Galliano per il suo ritorno alla ribalta delle passerelle ha anch’egli ceduto alla fascinazione della bellezza nella morte, e l’ha fatto secondo il suo stile: teatrale, ridondante e decadente. L’abito di chiusura della prima collezione da lui disegnata per la Maison Margiela, di cui ha la direzione artistica, è una ricercata citazione degli “ scheletri reliquie” conservati nelle cripte della Chiesa Cattolica e oggetto di devozione da secoli. Questi scheletri di santi e martiri, oggetto di un’appassionata ricerca e da  parte del Dr Koudounaris autore di “The Imperior of Death” e di “Heavenly Bodies, sono stati rimontati e decorati da abili artigiani con oro e gemme in un raffinatissimo lavoro di alta oreficeria. Abbigliati secondo la foggia del loro tempo con suntuosissimi tessuti, collocati in pose drammatiche e teatrali in teche e cripte che paiono scrigni preziosi, dovevano rappresentare agli occhi dei fedeli le magnificenze e lo splendore che li attendeva nella vita ultraterrena.  Galliano ha così ridisegnato le maschere con cui Margiela presentava le sue creazioni e che annullavano l’identità della modella, nelle stesse grottesche sembianze delle reliquie sante; perle e gemme, ostentatamente finte e recuperate dai mercatini dell’usato stavolta, a ricreare denti e occhi di quella che è la nuova icona, il nuovo oggetto di devozione sulla passerella più attesa dell’ultima stagione dell’Haute Couture. Decori e nuovi concetti di ricami che come arricchivano casse toraciche, omeri e femori qui ricoprono anche l’abito, di per  sé una perfetta sintesi tra lo stile “bricolage” di Martin Margiela e quell’esprit d’atelier, quel senso di “non finito”, che John Galliano aveva già presentato in una sua collezione per la Maison Dior.

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